Scritto terapeutico n. 1
Non sono mai stato onesto fino in fondo, né con gli altri né con me stesso. Ho sempre nascosto le mie incapacità dietro racconti arzigogolati a cui finivo per credere. Anzi no. A cui finivo per far finta di credere. Il tempo di andare verso il prossimo baratro. E’ che la vita è così enorme, complicata, paurosa, affascinante anche, certo, ma piena di casini che come si fa ad essere completamente onesti? Chi può essere un tale mostro?
Questo mio modo stupido di procedere ha fatto sì che lasciassi un sacco di cicatrici sugli altri e qualche briciola d’amore, tipo pane secco, sparpagliata, preda di brezze inquiete.
Avevo ideali altissimi, come tutti i bambini ingenui. Si sono squagliati alle prime morti. Ma ho mantenuto questa cosa, della sfida contro le avversità che contraddistinguerebbe un uomo. Quando le avversità mi hanno abbattuto, mi sono sentito meno uomo, ogni giorno un po’ di meno. Ho deciso allora che potevo recuperare l’eroismo nel sopportare ferite interiori auto-inflitte. Non le ferite che si infligge chi prova piacere, tipo tagliarsi, ma le umiliazioni di chi vuol dimostrare di resistere sotto tortura giocando il ruolo sia della vittima che del carnefice, sdoppiandosi e continuando così a mentire, la cosa che, alla fine, avevo capito di saper fare.
Quando qualcuno, passando nella mia vita, pensava fossi buono, io lo abbandonavo. Se qualcuno provava a ipotizzare una qualche dote, io facevo di tutto per dimostrare di non saper fare niente. Se, ancora, qualcuno mi svelava quello che ero, ovvero una persona bisognosa di cure, dimostravo, dati alla mano, con prove inconfutabili, che sapevo già tutto e che quindi tutto era inutile.
Questo percorso è, di anno in anno, di cosa in cosa, di fatto in fatto, di libro in libro, di film in film, di racconto in racconto, di bicchiere in bicchiere, diventato così ingarbugliato che non se ne può venire a capo. La sofferenza, probabilmente piccola agli occhi del mondo, non vedendone l’inizio nel garbuglio, sembra enorme. La luce, avendo il garbuglio oscurato le fessure, sembra introvabile. Il sogno, il bisogno, di pace, quiete, semplicità, onestà diventa sempre più forte e tutta quella matassa è come un una muraglia che succhia ogni tua resistenza alla menzogna.
Che giorni terribili questi in cui ti aggrappi alla parola per prolungare l’agonia.